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Dipendenza dai videogiochi negli adolescenti: come riconoscerla per intervenire

La dipendenza degli adolescenti (anche bambini) da videogiochi è un fenomeno abbastanza recente. A volte i segnali di una dipendenza non sono evidenti ed è compito dei genitori riconoscerli per poter intervenire. 

Fortnite, Call of Duty, The last of us, Apex, Fall Guys: questi sono solo alcuni dei nomi che sentiamo pronunciare dai nostri figli, anche se i videogiochi non sono una passione per gli adulti.

Il mondo dei giovani, e in parte anche i bambini, è attraversato da questa forma di arte digitale, al punto che è impossibile non sentirne parlare.

I videogames trainano oggi il mercato delle produzioni digitali e hanno per certi versi superato il cinema come introiti e numero di posti di lavoro creati.

Un esempio? Dal gioco “The last of us” è stata tratta una serie televisiva seguita da milioni di persone, con la stessa ambientazione e, in buona parte, con personaggi e trama analoghi. 

Videogiochi: forma d’arte o fattore di disturbo e dipendenza?

Il videogioco è diventato una vera forma d’arte e lo sviluppo tecnologico degli ultimi 10 anni, lo ha reso di uso comune in tutte le case dove vive almeno un adolescente.

Purtroppo, questa forma di intrattenimento inizia a creare anche dei problemi non indifferenti nei giovani.

Parliamo di disturbi importanti che portano alla dipendenza. La dipendenza dai videogame e dai contenuti digitali in genere non è meno importante delle comuni dipendenze, ad esempio da alcool o droghe. Rientrano nella categoria della ludopatia e possono portare a una serie di deficit e sintomi debilitanti e compromettenti la vita sociale, scolastica e lavorativa.

Videogiochi, IGD e DSM-5

La dipendenza patologica da videogiochi, è stata inclusa nella più recente versione del DSM-5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (per chi desidera approfondire: https://it.wikipedia.org/wiki/Manuale_diagnostico_e_statistico_dei_disturbi_mentali). 

Nello specifico la troviamo sotto l’etichetta Internet Gaming Disorder, ovvero l’uso frequente di videogame sia online che offline, spesso insieme ad altri giocatori, che determina sofferenza o una compromissione significativa del funzionamento dell’individuo. Precisiamo che l’Internet Gaming Disorder è l’unica altra dipendenza comportamentale inserita, assieme al gioco d’azzardo patologico, nella sezione 3 del DSM-5 (American Psychiatric Association, 2013).

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), ha inserito il gaming disorder nell’ultima revisione della International Classification of Diseases (Icd-11), l’elenco che contiene tutte le patologie riconosciute, oltre 55mila,  e usato per le diagnosi dei medici in tutto il mondo (link per approfondire, in inglese: https://www.who.int/standards/classifications/classification-of-diseases).

Secondo il DSM-5, almeno cinque dei seguenti criteri diagnostici proposti per l’Internet Gaming Disorder, devono essere soddisfatti per un anno di tempo:

  • Preoccupazione per il gioco online: la persona pensa frequentemente alla precedente o alla prossima attività di gioco così che il videogame diventa l’attività principale della vita quotidiana.
  • Sintomi di ritiro quando il gioco online è impedito, descritti solitamente come irritabilità, ansia o tristezza.
  • Un aumento progressivo della tolleranza al gioco che conduce alla necessità di spendere sempre più tempo giocando.
  • La persona (adolescente o adulto) ha provato a smettere o a trattenersi dal giocare online ma non c’è riuscito.
  • La persona ha perso interesse per le relazioni nella vita reale, gli hobby o altre forme di intrattenimento come risultato dell’attività di gioco.
  • La persona ha continuato ad abusare del gioco online pur sapendo quanto interferisca con la sua sfera psicosociale.
  • La persona ha mentito a familiari o altre persone in merito alla quantità di tempo speso a giocare.
  • La persona usa i giochi online come via di fuga dalla realtà o per alleviare sentimenti di ansia, colpa o impotenza.
  • La persona ha perso o ha messo a rischio una relazione, un lavoro o un’opportunità di studio o di carriera a causa del gioco online.

Per essere riconosciuto come problema mentale, il gaming disorder deve manifestarsi per almeno 12 mesi, ma ci possono essere eccezioni per casi particolarmente gravi. Chiaramente non tutti i videogiocatori soffrono del disturbo: anzi, i “malati” sono solo una minima parte.

Ma quali sono le reazioni emotive più evidenti nella dipendenza da videogiochi?

  1. Il ragazzo diventa sempre più aggressivo e rabbioso, soprattutto quando perde o quando lo si interrompe durante una sessione di gioco.
  2. Il ragazzo inizia a gestire sempre peggio la frustrazione e si arrabbia se qualcuno mette in discussione il gioco o minaccia di togliergli del tempo per giocare.
  3. Nel corso del tempo le abitudini quotidiane lasciano spazio alle sessioni di gioco: l’adolescente o il bambino inizia a perdere interesse per il cibo e/o per il sonno; a volte non bevono rischiando la disidratazione; nei casi estremi, possono sviluppare vere e proprie sindromi psichiatriche gravi.

Dobbiamo anche considerare che se un ragazzo sviluppa una dipendenza dai videogiochi ci sono sicuramente degli aspetti pregressi non visti che favoriscono l’innescarsi della dipendenza: il legame col gioco, in qualche misura, compensa mancanze o bisogni nascosti che se analizzati possono aiutare a capire e risolvere il problema.

I fattori: “posso competere“, “avere una squadra” o “un esercito”, “vincere o perdere“, ma farlo anche un po’ di nascosto, ha un valore importante nell’analizzare il problema e capire più a fondo come intervenire.

Il gioco rappresenta anche la soddisfazione di alcuni bisogni, tipici di un bambino o di un adolescente.

Lo psicoterapeuta specializzato e formato nell’uso di strumenti digitali, gaming e mondo on line può aiutare i genitori a capire meglio il problema, a identificare segnali preoccupanti, e distinguerli da un uso corretto o sostenibile del videogame.

Legarsi a un videogame di per sé un comportamento normale per la maggior parte degli adolescenti. Il dedicare molto tempo al gioco non è necessariamente un dato predatore di qualcosa di problematico, ma una corretta gestione del tempo è la prima linea distintiva nel far preoccupare e nel pensare di richiedere un aiuto professionale. 

Interventi punitivi o normativi spesso sortiscono effetti contrari ed è meglio chiedere una consulenza e confrontarsi per capire meglio insieme al professionista come intervenire.

Un utilizzo esclusivo del videogame fa pensare che l’adolescente possa aver un bisogno eccessivo e patologico di anonimato e protezione per interagire, che sappia competere e giocare solo se non direttamente coinvolto in maniera sociale convenzionale.


Se tuo figlio è in difficoltà e non sai come intervenire, chiama per un consulto:

Dott. Marco Pontificale, psicologo e psicoterapeuta specializzato in dipendenze da gioco d’azzardo e nuove dipendenze, da anni mi occupo di adolescenti che si confrontano con la tematica dell’hikikomori e con la dipendenza dai videogame.

Sono formato ed esperto nella gestione delle nuove dimensioni tecnologiche come la realtà virtuale, la realtà aumentata, il metaverso e il gaming massivo on line.

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