La pedofilia: tra malattia e reato

Il fenomeno della pedofilia suscita un particolare allarme sociale, in quanto in netto aumento e sempre più difficilmente controllabile a causa della strumentalizzazione a fini economici ed allo sviluppo nell’utilizzo dei nuovi mezzi informatici e di internet.

Alcuni dati riguardanti il fenomeno in rete: più di 3 milioni di bambini sono coinvolti nella pedopornografia tramite internet, l’80% del materiale pornografico viene prodotto in famiglia, il 70% dei bambini coinvolti ha tratti somatici occidentali, l’età varia tra i 2 e i 12 anni ma tende a cambiare con il procedere negli anni del fenomeno, il 9% di tutto il materiale prodotto è di origine italiana, in 23 mesi 4664 sono state le segnalazioni di siti pedopornografici da parte di cittadini, 250 MILA sono le foto e i film archiviati o sequestrati dalle autorità competenti; solo 350 sono i minori identificati vittime di abuso nel mondo!

L’Italia è tra i primi 10 paesi per reati di pedopornografia ed il guadagno legato a questo commercio registra cifre nell’ordine di alcuni miliardi di euro l’anno.
Oltre ad Internet, oggigiorno, il quadro delle modalità di espressione della pedofilia si è arricchito di ulteriori nuove forme: prostituzione minorile, tratta dei minori a scopo sessuale, turismo pedofilo (lolitismo) ed, infine, pornografia infantile su materiale stampato, film o chat.

Per quanto concerne i dati di violenza su minore di tipo non elettronico in Italia si pensa che tra il 2001 e il 2005 siano pervenuti agli uffici di polizia 2163 segnalazioni, che 2086 siano le persone denunciate per violenza sessuale su minore, che siano 930 le vittime sotto i 10 anni e 1050 tra i 10 e i 14 anni.

Ma chi è il pedofilo?

Nelle varie epoche storiche la pedofilia assume significati differenti: nell’antichità il pedofilo è considerato l’amante dei fanciulli con valenze educative; al tempo dei Greci e dei Romani la pedofilia verso i bambini prepuberi è largamente tollerata. Nel Medioevo ha ancora caratteristiche di tollerabilità, mentre nell’età moderna diventa un concetto e una modalità comportamentale aberrante e inaccettabile. I cambiamenti dell’atteggiamento culturale nei confronti della pedofilia sono rilevabili non solo a livello storico ma anche a livello antropologico: tuttora, in alcune aree della Terra, tale fenomeno viene sanzionato in maniera meno incisiva rispetto ad altre parti del mondo.

L’approccio clinico ed il manuale diagnostico internazionale dei disturbi mentali (DSM IV-TR), definiscono la pedofilia come una perversione sociale, o meglio una “parafilia” che viene trattata all’interno dei disturbi della sfera sessuale.

Il termine parafilia indica che la deviazione è dipendente dall’oggetto fonte di attrazione; le caratteristiche essenziali delle parafilie sono fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti intensamente eccitanti sessualmente, che possono riguardare oggetti inanimati, la sofferenza e l’umiliazione di sé stessi o del partner, di bambini o di altre persone non consenzienti. In alcuni casi, è indispensabile al soggetto, per l’eccitamento sessuale, la presenza di fantasie e stimoli parafilici mentre, in altri casi, questi si manifestano sporadicamente, per esempio nei periodi di forte stress.

Spesso l’abuso si accompagna a diversi gradi di violenza e non esiste un’età media o una classe sociale cui ricondurre il soggetto pedofilo; il sesso è generalmente di tipo maschile ma non è esclusa la presenza di casi in cui siano donne ad abusare e ad attuare atti di tipo sadico verso minori. Statisticamente l’attrazione è prevalentemente verso bambine.

In genere, i pedofili riferiscono un interesse sessuale rivolto a minori di una particolare fascia d’età. Sono individui particolarmente attratti da soggetti che hanno un’età che precede, rientra o ha appena superato la pubertà, da ciò consegue che non appena queste piccole vittime, crescendo, assumono sembianze più adulte, viene meno la possibilità di attrarre sessualmente il pedofilo.

Molte ricerche dimostrano come una buona parte dei pedofili in età adulta abbia subito abusi o gravi traumi in età infantile.

È molto probabile che se nel periodo dell’attaccamento ( i primi anni di vita del bambino), periodo in cui ogni essere vivente necessita incondizionatamente di cure, affetto ed attenzione, un individuo subisce esperienze abusanti o terrorizzanti, si possano sviluppare disturbi di tipo disorganizzativo e disorientanti della personalità; questi abusi intaccano l’immagine di sé con gli altri e quindi vanno anche a confondere quella che è l’identità sessuale con una diretta conseguenza sui comportamenti all’interno di quest’area.

Le persone spesso si chiedono come mai questo fenomeno sia così propenso ad allargarsi e perché sia così difficile che le vittime denuncino reati di tipo pedopornografico o di abuso su sé stessi.

Una delle motivazioni è il modo multiforme con cui questa patologia si manifesta: non sempre un pedofilo è violento, non sempre contatta il minore, ma si limita a spiare, osservare; altre volte le attenzioni nei confronti di bambini sono di tipo tenero anche se erotizzate dal soggetto. Questo ci porta al discorso precedente in cui si segnalava che spesso all’interno delle famiglie le uniche forme di amore e di affetto verso i figli si manifestano come investite sessualmente, o come percosse ed atti di sadismo, come totale abbandono ed indifferenza o altre modalità traumatizzanti. Purtroppo un bambino molto piccolo arriva a riconoscere questi comportamenti come unica e possibile dimostrazione di cura e frequentemente tende a difendere il proprio genitore abusante piuttosto che il corteggiatore o chi gli dona “attenzioni” per il semplice motivo che non vuole perdere l’unica forma di amore a lui concessa.
Portare i minori alla consapevolezza del fatto che chi li accudisce in quel momento sta facendo una cosa confusa, aberrante o criminale non è così immediato, bisogna convincerli innanzitutto del fatto che l’affetto così come lo hanno conosciuto loro non è di quel tipo, che se perderanno la figura di riferimento perché malata ce ne potrà essere una subito pronta a prendersi cura di loro e così via.

Concludendo: il lavoro per diminuire la piaga della pedofilia nel mondo richiede attività a tutto campo, interventi multidisciplinari che aiutino le vittime a capire, ad accettare e ad interiorizzare traumi e sofferenze, che aiutino i pedofili ad accettare la loro condizione come una malattia e a curarsi, che reprimano gli atti criminosi e tutti i metodi che ne facilitano l’espansione. Tutto ciò non è semplice, ma più conoscenza specifica del fenomeno, più capacità di ascolto non giudicante nei confronti dei bambini ed una tendenza a non far cadere le informazioni nel silenzio potrebbe, a lungo termine, aiutare a ridimensionare la pedofilia nel mondo.

Articolo a cura di:
Dott. Pontificale Marco. Psicologo, Psicoterapeuta
Pubblicato sul “Giornale di Merate”

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